La mia passione è quella dell’osservazione, perché è dall’osservazione che nasce qualsiasi meravigliosa idea e soprattutto come possiamo migliorare noi stessi, la nostra vita e il nostro lavoro.

Ultimamente, mi sono chiesto perché molte persone che hanno delle qualità straordinarie e delle potenzialità incredibili sono tendenzialmente infelici e non riescono a sviluppare i propri sogni nel modo giusto.

E la risposta è sempre la stessa: “non si fermano a meditare e a riflettere”.

Ecco perché oggi ho voluto toccare questo tema che confido possa essere di grande utilità per tutti per riflettere, ricordando e citando qualche cenno storico di Nelson Mandela dal libro “UNA LUCE PER TUTTI” di Pape Kane, dove c’è un passaggio che mi ha affascinato e che di seguito leggerai:

Nelson Mandela nacque il 18 luglio a Mevzo, un piccolo villaggio all’interno del Transkey. Quest’ultimo si trova nel sud est del Sud Africa ed è distante 1300 Km da Città del Capo e quasi 900 Km da Johannesburg. Questa sua lontananza dalle grandi metropoli era una protezione naturale dai grandi eventi e, per lungo tempo, la vita fu abbastanza quieta. Eppure proprio lí è nato e cresciuto da bambino artefice della soluzione all’enigmatico problema della segregazione razziale che aveva finito per avvelenare la vita di popolazioni nere. È lì, lontano dal razzismo e dagli incessanti attacchi tra neri e bianchi, che Nelson Mandela ebbe tempo di crescere sviluppando tutte le qualità di un re del Transkei, di cui era diretto erede. Mandela è infatti discendente diretto di Ngubeng Cuka, uno dei più grandi monarchi che unì l’intera tribù dei Thembu e che morì nel 1830. La tribù Thembu, insieme agli Zulu, ai Waza, e agli Ama Baca e a molte tribù, costituiscono il popolo Nguni o il popolo della nazione Xhosa.
Dunque gli Xhosa sono un popolo fiero e patrilineare con una radicata credenza nell’importanza dell’istruzione, dell’ordine, dell’unità, della cortesia e del rispetto delle leggi. La società Xhosa era una società equilibrata ed armoniosa nella quale ogni individuo aveva un determinato rango e un preciso ruolo da svolgere. Ogni Xhosa apparteneva ad un clan il cui nome permetteva di risalire al suo più vecchio discendente. Per esempio Mandela fa parte del clan Madiba, re dei Thembu, per questo molti sudafricani lo chiamano affettuosamente e rispettosamente “Madiba” come se volessero far risuonare le sue nobili origini ogni volta che lo nominano. Per i suoi sostenitori Madiba è anche un modo implicito di dire a Mandela “Bravo! Hai fatto il tuo dovere, hai svolto il ruolo storico dei Madiba.” Nel grande schema dell’organizzazione reale dei Thembu, la famiglia di Mandela aveva come ruolo principale quello di risolvere i litigi, promuovere la coesione familiare e gestire la comunicazione. Tuttavia tale eredità storica non era sufficiente per risolvere il complesso problema dell’ apartheid e l’uomo dovette avvalersi di tante altre qualità sviluppate per merito dei suoi studi, dei suoi incontri, delle sue esperienze di vita di cui la più forte e la più interessante rimane la prigione. Prima di essere incarcerato Mandela, come la maggior parte dei giovani rivoluzionari, era appassionato ma privo di esperienza, intelligente ma impulsivo, ambizioso ma impaziente, coraggioso ma non cauto, vivace ma non avveduto.
In carcere invece ebbe tempo per meditare, per riflettere e per “ruminare”, come suggerisce Nietzsche, per acquisire qualità vincenti. É lì che ha compreso l’importanza di essere misurato, di saper prendere le giuste iniziative, di saper identificare il ruolo che ognuno di noi deve svolgere in determinate circostanze. È in prigione che Nelson Mandela ha studiato il concretismo ed il relativismo, ha imparato a tener vicino i suoi rivali ed a conoscere i suoi nemici per poter mettere in opera vere e proprie strategie. È in prigione che ha avuto il tempo e la calma di confrontare coerenza ed efficacia, pacifismo ed attivismo, religione e ragione, potere e responsabilità; di collocare presente, futuro e storia.

… e mi fermo qui, perché in queste poche righe c’è veramente il mondo per riflettere.

Il mio pensiero ovviamente è che non serve la prigione oggi per meditare o riflettere, ma solo la volontà e il decidere di farlo per il proprio bene e per il bene dell’umanità e, per prendere le giuste decisioni.

📷 di Marco di Carlo

 

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