Questa settimana vorrei dedicare questo articolo ad una mia carissima e dolcissima amica che desidera restare in riservatezza perchè non ama mettersi in mostra, pertanto, rispetto il suo volere.
Leggerai testualmente il pensiero che mi ha inviato e che ha voluto condividere con me.
Conoscendomi, era certa che lo avrei immediatamente condiviso anche con te per sviluppare una bella riflessione su un tema stupendo che sicuramente aiuta a migliorare il mondo del lavoro e a fare felici le persone:
ENGAGEMENT di Hubert Jaoui
La traduzione letterale sarebbe “fidanzamento” ma Jaoui sceglie tra 6 significati quello dell’impegno.
In italiano la parola sarebbe molto riduttiva se applicata al “management” (facciamo inoltre notare che la parola “management” non ha piena traduzione in italiano; il manager non è un capo, uno che comanda, ma colui che spiega al collaboratore – e non “dipendente” – qual è l’obiettivo da raggiungere, che verifica che l’interlocutore abbia capito e accettato l’impegno, e che, lasciandolo fare, verifica infine l’esito finale.)
È ovvio che il successo dell’azienda sarà tanto più soddisfacente quanto più la persona si sia impegnata per raggiungerlo.
Impegno sociale: il risultato non riguarda solo l’operatore ma il team, la direzione, l’azienda. Si tratta dunque di un sentimento di responsabilità condivisa, sempre più vitale in tempi di crisi. Lo sfondo è il contratto morale, più implicito che esplicito, che regge i rapporti verticali e orizzontali all’interno dell’azienda. Infatti, uno dei compiti più importanti della Direzione della Comunicazione è far conoscere le basi di questo contratto morale e ricordare spesso, attraverso casi e esperienze vissute, le conseguenze concrete del rispetto di esso. Idealmente questo contratto descrive obiettivi precisi, in termini di fatturato, di sviluppo, di soddisfazione del cliente.
Ma non può trascurare l’aspetto sociale e morale. Il lavoratore non è uno strumento ma una persona ed in quanto tale, oltre alla sua responsabilità operativa, prova dei sentimenti, delle emozioni ed ha anche valori.
Succede che, circa venti anni fa, un modello della Peugeot viene “ucciso al nascere” dai venditori che l’avevano percepito come “umiliante” per il potenziale acquirente. Di fronte a questo mostriciattolo non hanno voluto impegnarsi per promuovere un prodotto nel quale loro stessi non credevano.
Il venditore è il primo cliente del prodotto, e, se lui per primo non ci crede, con consapevolezza o meno, avrà fretta di vederlo sparire.
L’engagement implica dunque la conoscenza dei sistemi di valori dell’azienda, dei collaboratori e dei clienti. La forza del marchio risulta in gran parte nel rispetto di questi valori. Tradirli, anche per una semplice trascuratezza, potrebbe avere conseguenze deleterie immediate ma anche durevoli. Oltre la perdita economica, l’effetto psicologico sui collaboratori può essere catastrofico e tradursi anche in “disturbi psicosociali”, nuova malattia preoccupante che ha dato nascita a un nuovo mestiere. La responsabilità in questo caso non è limitata a un livello gerarchico o a una funzione, riguarda tutti e specialmente il top “management”.
La prima legge della comunicazione afferma che “non si può non comunicare” e la seconda dice “tutto è comunicazione”. Quello che viene detto è quello che viene fatto. I messaggi aziendali, verbali e non verbali, saranno tanto più validi se concorderanno con il sistema di valori dei collaboratori, di cui spesso loro stessi non ne sono consapevoli se non quando si ritrovano nel bel mezzo di una crisi.
Come di consueto, oggi vorrei suggerirTi, qualora Ti trovassi a Catania, ed avessi voglia di un Mega Arancino al sugo “siciliano”, di provare il Bar “Sidduci” in Via Etnea al n°207, è mondiale!
A proposito di quanto scritto, se desideri condividere un tuo pensiero, potrai farlo da oggi utilizzando il box presente al termine dell’articolo.
#mettoinmotoiltuopensiero #avantitutta