Etimologia: La parola “parresìa” deriva dal greco παρρησία (parrhesía), composta da πας (pas, “tutto”) e ρημα (rhema, “ciò che viene detto”). Significa dunque “dire tutto”, esprimersi con franchezza e libertà, senza timore. Nella cultura greca era associata al diritto di parola nei contesti democratici, ma nel cristianesimo assume un significato più profondo: la testimonianza coraggiosa della verità.
Pensa a un momento in cui hai sentito il bisogno di dire la verità, anche se sapevi che avrebbe potuto avere conseguenze. Come ti sei sentito? Cosa ti ha spinto a parlare? La parresia è un atto di coraggio e responsabilità, una forza interiore che ci porta a testimoniare la verità senza paura.
Nel Vangelo, Gesù parla con parresia. Non nasconde la verità per compiacere, ma con amore e fermezza annuncia il Regno di Dio.
“Io ho parlato apertamente al mondo; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove si riuniscono tutti i Giudei, e non ho mai detto nulla di nascosto.” (Giovanni 18,20)
La sua parresia lo ha condotto alla croce. Ma non è stato l’unico: tanti santi e testimoni della fede hanno vissuto la parresia, rischiando la vita per proclamare la verità.
San Pietro e San Paolo, nel libro degli Atti degli Apostoli, vengono descritti mentre parlano con parresia, anche di fronte ai pericoli:
“Vedendo la franchezza (parresia) di Pietro e Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, si meravigliavano e riconoscevano che erano stati con Gesù.” (Atti 4,13)
Joseph Ratzinger ci insegna che la parresia è un atto di fede radicale (cioè allorquando riporti esattamente gli insegnamenti di Gesù): chi crede veramente non può tacere la verità, perché è la verità stessa che lo spinge a parlare. Per il cristiano, la parresia non è solo coraggio, ma anche obbedienza a Dio.
Quindi il significato di parresia è quello di dire difronte a chiunque la verità evangelica insegnata dal magistero della Chiesa cattolica.
Nella vita reale, ogni qualvolta si presenta la necessità di parlare con parresia e si tace per viltà, è segno di ipocrisia.
PS: un grazie di cuore alla cara amica Cristina di Crema che mi ha ispirato nuovamente a discernere con più attenzione questa meravigliosa parola.
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