“La scuola è il riflesso dei tempi. Se la società subisce delle trasformazioni, è inevitabile che queste arrivino nelle aule.”
Questa settimana mi ha colpito il tema che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affrontato sui genitori bulli e del grave strappo tra scuola e famiglia.
Sul quotidiano La Stampa, in una rubrica settimanale che si occupa di diversi temi, la giornalista Flavia Amabile scrive di attualità e di politiche scolastiche e, testualmente, per la nostra riflessione tradizionale, cito la domanda del lettore e la risposta di quest’ultima:
“Gentile Flavia Amabile,
il richiamo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sui genitori bulli ci dà conto del grave strappo tra scuola e famiglia. In passato, la loro alleanza implicita permetteva di esprimere una linea educativa omogenea ed autorevole, mentre oggi gli atteggiamenti di difesa aprioristica dei figli hanno demolito la figura del docente e gli episodi di aggressione ai professori lasciano sbigottiti per frequenza e intensità. Allora, chiediamoci una cosa semplice: da quanto tempo abbiamo lasciato che i muri scrostati, i banchi scheggiati, siano il luogo dove vivono alunni e insegnanti? Da quanto tempo abbiamo tolto dignità ai professori con stipendi miseri, affogandoli in un mare di incombenze burocratiche inutili, con pessimi interventi delle Amministrazioni, senza obiettivi e senza risorse? E soprattutto, da quando il docente è stato lasciato solo, dalle istituzioni e dalla politica? L’esautorazione passa anche attraverso l’altro anello debole del percorso formativo: la famiglia, di fatto destituita, si dimostra incapace di trasmettere il senso del limite, della fatica, del sacrificio e impreparata ad educare alla gestione delle emozioni e della rabbia. La scuola è il luogo della crescita, della libertà e del rispetto; invece c’è chi la scambia per un palcoscenico da dove trasmettere al mondo la propria recita vigliacca, sia esso un genitore o uno studente.”
(Concetta La Naia)
La risposta della giornalista:
“Gentile Concetta La Naia,
spesso tendiamo ad avere di quello che accade in classe una percezione soggettiva, legata soprattutto alle esperienze personali mentre la scuola non è altro che uno specchio dei tempi: se la società sta subendo delle trasformazioni, è inevitabile che queste arrivino nelle aule. E’ vero quello che lei scrive sul deterioramento del rapporto scuola-famiglia ma vorrei provare ad offrire un approccio diverso. Lei conclude ricordando che la scuola è il luogo della crescita e del rispetto. Lo è, ma non è solo questo. In classe si sono sempre verificate ingiustizie. Ci sono sempre stati compagni più furbi o più prepotenti, professori impreparati e altri che sono diventati parte di noi, genitori più attenti e altri insopportabili. La scuola è il luogo dove si imparano le regole ma anche dove affrontare la vita con le sue scorrettezze e mancanze di rispetto. I problemi offrono sempre fantastiche opportunità di crescita.”
(Flavia Amabile)
Vorrei ringraziare pubblicamente Concetta La Naia e Flavia Amabile perché mi hanno donato l’opportunità di riflettere su un tema importantissimo e confido che possa essere interessante anche per te e possiamo insieme condividere il tema per migliorare noi stessi.
Il mio pensiero su questo tema è che dovremmo lasciare stare i professori, in quanto non faccia alcuna differenza se buoni o cattivi. Non sta a noi giudicare, sono umani come noi e, soprattutto, non vivendo la classe con loro non possiamo conoscere la “verità”.
Personalmente mi concentrerei su noi stessi e su quanto invece dovremmo trasmettere realmente ai nostri figli per aiutarli a costruire la loro vita futura, che è la cosa più preziosa che esista al mondo.
Jim Rohn, un grande imprenditore statunitense disse:
“Se parli ai tuoi figli, puoi aiutarli a tenere in piedi le loro vite. Se parli a loro con capacità, puoi aiutarli a costruire i loro sogni futuri.”
La Leadership è la grande sfida del XXI secolo nei settori della scienza, politica, educazione e industria. Ma la più grande sfida nella leadership è allevare i figli. Noi abbiamo bisogno di molto più che rendere le nostre aziende pronte per le sfide del Ventunesimo secolo. Noi abbiamo anche bisogno di rendere i nostri figli pronti per le sfide del XXI secolo.
I nostri figli sono la nostra unica speranza per il futuro, ma noi siamo la loro nel presente in vista di un futuro da costruire.